Aggiungo alcune notizie a quelle già postate circa il
Santuario di Hera Argiva alla
foce del Sele, in
Campania.
Il luogo di culto era molto famoso, nell'antichità, al punto che ne parlarono
Plinio il Vecchio e
Strabone. Con il tempo si persero le tracce del santuario, che si impaludò precocemente, e già in epoca romana, pur essendo a conoscenza dei suoi passati splendori, si ignorava dove si trovava, un tempo.
La prima ricognizione archeologica del sito si data al
1933, quando l'archeologa
Paola Zancani Montuoro ed il suo collega
Umberto Zanotti Bianco decisero di concedere fiducia a Strabone ed alle sue indicazioni e si avventurarono nella pianura del Sele. Dopo aver vagato ben due giorni nell'ampia pianura popolata dalle bufale, i due ricercatori riuscirono a ritrovare le tracce dell'antico santuario. Oggi i resti del santuario, a causa dell'insabbiamento progressivo dovuto al bradisismo, si trovano a circa 1,5 chilometri dalla foce del fiume.
Anticamente, però, questo luogo fuori dal tempo doveva veramente rappresentare un
locus sacer: vi era un fiume ricco di acque che traversava un luogo in parte palustre, in parte lussureggiante di
olmi,
pioppi e
salici, con un luogo felice per l'attracco di imbarcazioni.
Le oltre
settanta metope scolpite, ritrovate nell'area dove un tempo sorgeva il santuario, costituiscono uno dei cicli lapidei più complessi del mondo occidentale antico.
Quaranta di queste lastre sono databili al
VI secolo a.C. e sono le più antiche, scolpite nella tenera arenaria gialla locale. Esse raccontano le storie di eroi cari alla memoria di molti, studiosi e non:
Ulisse,
Eracle,
Achille,
Giasone,
Oreste. Due di queste lastre furono trovati, dagli archeologi Zancani Montuoro e Zanotti Bianco, nei pressi di una struttura a pianta rettangolare, identificata, poi, come un
thesauros, con una ricca decorazione in pietra ed un corredo di ben
36 metope. La ricostruzione di questo
thesauros si può, oggi, ammirare al
Museo Nazionale di Paestum.
Ma chi era
Hera? La
moglie-sorella di Zeus, innanzitutto, regina degli dei e simbolo di fedeltà coniugale. Veniva adorata come fanciulla, protettrice della giovinezza e della crescita dell'uomo e della natura. Ma è anche la solitaria, che si nasconde, si allontana dal marito (
chera, vedova) per riconquistare la sua verginità per mezzo di un bagno rituale nelle acque di un fiume o di una sorgente. I suoi aspetti sono collegati direttamente al
ciclo naturale: come fanciulla rappresenta la
primavera, in qualità di sposa incarna l'
estate, come vedova è l'
autunno. E questo triplice aspetto le consente di sovrintendere alla fertilità dell'umanità e della natura. In tal modo essa protegge le greggi ed i raccolti; il suo animale sacro è il
bue e viene chiamata "
la dea dagli occhi di vacca", ma le sono sacri anche il
cavallo, il
leone, il
cuculo ed il
pavone.
Come moglie di
Zeus è protettrice dell'ordine sociale basato sulle nozze e sulla nascita, per questo
Hera sovrintende ai parti, sciogliendo i dolori delle doglie, rende fertile non solo la coppia ma anche il territorio sotto la sua protezione. Il
giardino (
kepos) è l'ambiente familiare alla dea, ricco e rigoglioso. Il frutto che dai tempi più antichi la rappresenta è la
melagrana, i cui mille semi rappresentano, appunto, la fertilità dell'uomo e della natura.
Il culto della dea è attestato in tutta l'Italia antica ancor prima dell'arrivo degli
Argonauti, che, vuole la leggenda, furono i fondatori del santuario di Hera Argiva. Il culto della dea era legato soprattutto ai santuari fondati dagli
euboici in terra italica ed era connesso fortemente agli
scali commerciali:
Hera proteggeva, infatti, la
navigazione e gli approdi. Modellini di imbarcazioni venivano costruite al fine di propiziarsi una buona navigazione.
Il culto della dea, insegna
Omero, era originario della città di
Argo. Spesso i suoi santuari erano costruiti
sul limitare di boschi,
giardini,
fiumi,
montagne o presso il
mare.
L'heraion di
Argo era posto su un'altura, nella piana dell'
Argolide, e di fronte aveva le montagne, c'era il bosco di
Hera, dove pascolava il bestiame sacro alla dea, ed era circondato da tre fiumi:
Eleutherio,
Asterion ed
Inacos. L'
heraion di
Samo si trovava in un bacino paludoso a sei chilometri dalla città, vicino al mare, mentre a
Perachora il tempio di
Hera Akraia era situato sul lato meridionale della parete del promontorio lungo il porto. L'
heraion di
Olimpia era circondato da un bosco e due fiumi, l'
Alfeo ed il
Cladeo. A
Metaponto l'
heraion è situato in una piana resa fertile dai fiumi
Basento e
Bradano. A
Crotone l'
heraion è posto sul promontorio
Lacinio, molto visibile da lontano.
Gli
Etruschi assimilarono
Hera alla loro divinità
Uni, i
Romani la chiamarono
Giunone ed in suo onore istituirono i
Matronalia, che cadevano i primi giorni di marzo. L'iconografia più tipica della dea era quella che la vedeva rappresentata con in braccio un bambino. I Romani dedicarono ad
Hera/Giunone il mese di
giugno, considerato propizio alle nozze.
I doni portati ad
Hera erano considerati molto preziosi e non venivano mai gettati via né riutilizzati. Una volta che erano diventati vecchi, venivano sepolti in apposite
fosse votive,
stipi, o in
stanze sotterranee, le
favisse. Nel
1936 proprio nell'area del santuario di
Hera Argiva venne individuato un deposito votivo formato di
cinque loculi contigui. I doni - immagini della dea in terracotta - erano sistemati con molta cura all'interno dei locali. Il terreno attorno ai loculi era anch'esso pieno di ex voto, ma questi apparivano frantumati, ridotti in molti pezzi. Il materiale votivo è stato datato
tra la fine del VI ed il III-II secolo a.C..
Nel santuario sono stati rinvenuti
due pozzi (
bothroi) con altari affiancati che attestano il culto
ctonio di
Hera in qualità di divinità infera. In questi pozzi sono stati trovati i
resti di legna per il fuoco dei sacrifici (
olmo e
castagno), resti di
vittime sacrificate (cani, gatti, capre, galli, piccioni) ed oggetti votivi. Già nel
1934 era stato individuato un enorme scarico votivo in cui furono individuati ben
seimila oggetti: testine di varia grandezza e tipologie differenti,
statuette di offerenti femminili,
busti di donne alcune delle quali recano in testa un
fiore, invenzione delle botteghe pestane. Meno numerosi i vasi, raramente figurati ed i piccoli oggetti di bronzo di uso comune. La maggior parte del materiale copre un periodo storico che va dal VI al II secolo a.C..